La pittura rivela in Bruno un’unica matrice di fondo: l’ombra. Se nell’incisione egli ha cercato di ottenere un nero “strutturato” e capace di restituirci la luce, nelle varie tecniche dei pastelli l’impegno si è specificato come ricerca del colore, ossia  di un’ “ombra” luminosa, che era propria anche dell’incisione. Incisione e pittura si presentano dunque come due aspetti complementari di una medesima problematica.             

Qualcuno, come si è visto, ha richiamato la “qualità gessosa” e porosa del pastello e della pittura ad acqua di Lorenzo Bruno; una pittura, ma anche una grafica, “scabra”, essenziale, fortemente evocativa, a partire dalla consapevolezza estetica del nero; oppure dal colore, come una  forma di “opacizzazione”, in quanto il pigmento cromatico riesce a “catturare la luce”(6).

Questa dimensione alchemica del colore contrasta con il semplice sbiadirsi della luce che dà luogo a tonalità grigie. Goethe ad esempio paragona la formazione del grigio all’azione di contrasto svolta da un vetro smerigliato posto dinanzi ai raggi del sole. “In questo modo anche dall’immagine del sole, così energica, sorgerebbe soltanto una immagine attigua debole, conforme all’attenuazione”(7). 

In Bruno non si tratta di “immagine smorzata”, di un fenomeno ottico di “attenuazione” della luce, ossia di un fenomeno semplicemente fisico. Vi è qualcosa di più profondo. I suoi disegni, pastelli, incisioni e affreschi attraverso un tessuto compatto di trama e ordito “rivelano […] nei loro toni caldi e avvolgenti, una trasparenza che appaga lo spirito… trasmettendo all’osservatore un grande senso di quiete”(8).

“Illuminazione”, “senso di quiete”, “trasparenza” - che Aristotele definiva “ciò che è visibile” -  sono i sensi poetici e metaforici entro cui si collocano le forme di Bruno, come, momenti interconnessi di un tessuto simbolico affidato all’umbratile e discreto fascino del colore. Di fatti, Lorenzo Bruno ci restituisce con i suoi segni insistiti un senso seducente dell’immagine, come  manifestarsi di una luce umbratile, che si fa visibile, “trasparente”.

“Luce soffusa”, umbratile appunto. Si tratta di una luce come “trasparenza”, che possiamo intendere come trans - apparenza, il farsi visibile “attraverso”: ecco la luce che fa apparire l’ombra. Ombra che scaturisce dal modo di essere del colore, skieron. Una luce soffusa, trattenuta e restituita. L’ombra – o il colore -  sono così, nella poetica di Bruno, ciò che “trattiene” e “rende visibile”, aspetti fondamentali di una stessa dialettica.

Con Maurice Merleau-Ponty possiamo  intendere l’arte come “il ‘grido inarticolato che sembrava la voce della luce’ ”(9). Quest’espressione allude all’idea di qualcosa che si dà in modo “inarticolato”, oscuro, simile a un “grido”, come richiesta di luce. Perché, parafrasando poeticamente Platone, possiamo dire che è nella notte che brillano le stelle.

Note

S. SEVERI, “Pretesti luminosi” di Lorenzo Bruno, “Itinerario Lazio”, 12 dicembre 1991.

(2) B. STRAZZA, Note sulla maniera nera, testo riportato in questo volume alla p.

V. I. STOICHITA, Breve storia dell’ombra, trad. it. di Benedetta Sforza, il Saggiatore, Milano 2000, p. 9.

A. SCHOPENHAUER, La vista e i colori, cap. 2, § 13, 5, a cura di M. Montanari, Milano 1988, p. 89

Ivi, cap. 2, § 7, p. 55. 

S. SEVERI, “Pretesti luminosi” di Lorenzo Bruno, in “Itinerario – Lazio, del 12 dicembre 1991.

J. W. GOETHE, La teoria dei colori, sez. 2, XXVI, ed. ital. a cura di R. Troncon, Il Saggiatore, Milano 1993, p. 100. 

(8) L. PIETRO VASTA, Una luce soffusa nelle opere di Bruno, “Il mercatino”, Catania, 21 ottobre 1994.

(9) M.MERLEAU-PONTY, L’occhio e lo spirito, trad. ital. a cura di Anna Sordini,  SE, Milano 1989, p. 50.


LORENZO BRUNO